Decido di ristrutturare, in qualche maniera e in qualche misura, il posto in cui vivi.
Ho paura, perché i tuoi rami sono secchi e malati, e prevedo che l’inverno sarà terribile.
[e non immagini la pena di trovare il tuo cuore-aquilone impigliato tra i rami di un albero spoglio, che spera ancora in un soffio di vento]
Penso “Arriverà il vento, ma arriverà per farci cambiare rotta.”
[Come volevasi dimostrare, inter alia, dato che sono uno stupido che ama farsi prendere per il culo. Vabbè, vabbè.]
Così arriva l’inverno: bastardo, impietoso, gelido.
Ma io ti curo, bello mio, questo fottuto stronzo non avrà ragione, fidati di me.
E aspetto, mentre tutto, sul terrazzino, viene dilaniato dal vento.
[Non lo volevi anche tu, quel vento?]
Aspetto, se non si fosse capito, perché sono sicuro di aver fatto un buon lavoro.
Oggi sei ancora qui, con me, a donarmi quel sorriso verde che richiama i colori dei miei amati poggi.
Continuo a curarti, naturalmente, e ogni volta che ti do da bere, la terra si assesta e le cose vecchie vanno verso il fondo.
Con pazienza cerco di riempire, ogni volta, i vuoti, e so che prima o poi la tua casa sarà di nuovo solida.
E se tu passerai di qua, un giorno, vedrai di nuovo ciò che è nato grazie a te e che io non smetterò mai di curare.
Ma le cose/le case/le chiese/le croci sono ormai luoghi lontani e segni diversi da come li avevamo conosciuti insieme, per sbaglio apposta, più di un secolo fa.
Musica, signori.
E sì, nella foto c’è una rana. La mia casa è piena di rane. Volete rendermi felice? Regalatemi una rana. Rana, rana, rana!