Fa
Ideali
– Isabel, ti posso dire una cosa in confidenza?
L’uomo si passò un fazzoletto sulla fronte. Sudava.
– La Coca-Cola e il McDonald’s non hanno mai portato nessuno ad
Auschwitz, in quei campi di sterminio di cui a scuola ti avranno parlato,
invece gli ideali sì, ci avevi mai pensato, Isabel?
– Ma quelli erano nazisti, obiettò Isabella, gente orribile.
– Perfettamente d’accordo, disse l’uomo, i nazisti erano gente davvero
orribile, ma anche loro avevano un ideale e facevano la guerra per imporlo,
dal nostro punto di vista era un ideale perverso, ma dal loro no, in
quell’ideale avevano una grande fede, agli ideali bisogna starci attenti, che
ne dici, Isabel?
– Ci devo pensare, rispose la ragazzina, magari ci penserò a pranzo, sono
le dodici e mezzo, fra poco servono il pranzo, tu non vieni?
Avevo deciso da tempo di abbandonare alcuni ideali. Decisione non buona.
Non devo abbandonarli, devo solo starci attento, ed evitare di portare qualcuno ad Auschwitz, naturalmente.
E grazie a Tabucchi per il suo “Nuvole”, un racconto che mi ha piacevolmente colpito.
Sol
Calma e gesso
-Tu sei un cretino e non capisci un cazzo!
-Prego?
-Sì, sei uno stupido, hai anche gli orecchini!
-Quindi? Si dia una calmata, per cortesia, e mi spieghi che cosa è successo. Tra l’altro non mi sembra il caso di mettersi a berciare(*).
-Ma io ti faccio causa e me ne vado, perché non capisci un cazzo! Vuoi chiamare i carabinieri? Li chiamo io i carabinieri! Io vi denuncio e vi chiedo i danni!
Bestemmie, collera, minacce, ma io resto lì, fermo, davanti a quel cliente. Resto lì impassibile, privo di qualsiasi istinto omicida. Penso “toccami e sei morto”, ma non c’è davvero nulla di premeditato. Lo accompagno gentilmente alla porta, come non avrei mai fatto in vita mia (forse in una vita precedente, non so) e torno nel mio ufficio, sorridendo.
-Ruggero! Qualche anno fa l’avresti caricato di botte!
-E che ci vuoi fare, Saurinho? Mi sono calmato. A volte mi faccio paura da solo.
La
Un pezzo di te
I mesi estivi scorrevano velocissimi. Dall’alba al tramonto non c’era un attimo per fermarsi, neanche un attimo per evitare quella calura così tipicamente pugliese, e nemmeno un attimo per evitare di respirare salsedine e arsura della terra.
Di centoventisette ce n’erano tantissime, di palloni incastrati sotto le marmitte, pure.
A volte, i cofani roventi erano ricoperti di carte napoletane.
Sui marciapiedi, le sedie impagliate sostenevano anziani con la pelle divorata dal sole.
Insieme a loro, i ragazzini imparavano a giocare al “mediatore”, e a gridare “Acceit! Sopacceit!”(**) o a dire, sommessamente, “m’arress”(***).
Tufo e ceramica, tutt’intorno, e lastricati perennemente umidi, perché le donne del posto li inondavano d’acqua.
“Nonna, a che serve?” “P’addfrschell, Rggì, c’amman u calt”(****).
Negli occhi dei contadini leggevi la musica delle cicale, che in campagna non facevano altro che cantare, comodamente appoggiate a quella distesa di ulivi che, a guardarla, faceva quasi impressione.
Alle quattro del pomeriggio la città si spegneva; in strada restavano a giocare a pallone solo i maschietti, mentre le femminucce rientravano e si mettevano a seguire madri e nonne e le loro stramaledette pulizie di casa.
Pensavo al mare e alle buche che avrei scavato il giorno dopo, e alle buche che avrei scavato, in quella sabbia paradossalmente fredda, durante la notte, all’ombra di chiacchiere adulte, con lo sguardo perso tra gli occhi e le trecce di una ragazzina bionda che ora chissà come sta e dove e perché.
E mentre scavavo pensavo “alle ville” (altro non sono che i giardini pubblici), tra la piazza della stazione e il fossato del castello. E poi di nuovo in riva al mare, per respirarne la sua magnificenza, il suo mistero, il suo essere infinito.
E oggi scavo, senza una vera ragione, senza sapere che cosa riuscirò a trovare, pensando a quel che resta della mia terra.
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(*) Urlare in modo sguaiato
(**) Uccido e “soprauccido”. Nel gioco del mediatore (simile alla briscola), il primo a mettere carta in terra decide il segno della mano. Chi tira di briscola, se non ha carte del seme imposto, uccide. E se pija tutto er cucuzzaro.
(***) Dichiaro di voler giocare la briscola. (Gioco sicuro.)
(****) “Per rinfrescarli, Ruggero, perché fa caldo”.