Amore, eh?

Estate 2003.

Un caldo fottuto, infernale. A Roma, dove sto di casa, anche le tende cercano un po’ di fresco.
Mi chiami: “Si va a una festa dalle parti di Rieti. Vieni anche tu?”

Porti lo stesso nome di una donna che ho appena perso, non posso ignorarlo, hai quasi quindici anni più di me, non posso ignorare nemmeno questo, e, ogni volta che esco con te, bè, mi batte il cuore. Forte. Parecchio forte. Posso ignorare almeno questa cosa?

“Sì, dai. Passi a prendermi tu?”

Arriviamo in questo posto molto “cool”, avrebbero detto i nostri amici inglesi; si tratta di una villa con annesso giardino a terrazze, piscina, alcool, fumo, strappone e dj di turno.

“Vado a salutare un paio di amici. Mi aspetti qui?”
Certo, non ti dico io. Ti guardo. E penso che, come tutto quello che ho perso fino a oggi, perderò anche te.

Parte una canzone nuova (e sappiamo già che sarà un tormentone). Nel frattempo torni e ti metti a ballare. La tua sensualità è imbarazzante. Ti guardo, però, e ti abbraccio, ti respiro a fondo e ti dico che ti voglio bene.
Tra qualche giorno partirò, non ti dico, e non ti rivedrò mai più.

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