Ai piedi della scalinata c’è un chioschetto: è lì che dovrò lasciare metà dei miei sogni.
Mi muovo a fatica verso la meta, mentre ancora risuona l’eco delle canzoni di Patti Smith.
Because the night belongs to lovers.
“Ecco, questa è una delle sue canzoni più famose.”
“Ah, ok.”
Muoviamo in fretta i nostri passi e ci allontaniamo, mentre l’effetto Doppler fa tutto il resto: distorce, allontana e rende innocua una malinconica ironia.
I ricordi svaniscono e mi ritrovo nel classico trambusto pre concerto.
“Ciao, sei in coda per i biglietti? Ne avrei uno in più.”
“Sì. Dai, te lo compro.”
“Grazie. Sai, lei non mi ha raggiunto…”
“Capisco.”
Penso alle volte in cui ho lanciato la mia malcelata tristezza addosso a perfetti sconosciuti. Troppe, forse. Mi ridesto.
“Grazie di nuovo e scusami.”
“Figurati, grazie a te.”
Mi tuffo nella mischia e mi avvicino il più possibile al palco.
Finalmente ti ascolto dal vivo, poeta chiacchierato. Finalmente posso guardarti negli occhi, mentre mi racconti le tue storie. E mentre lei non c’è.
Si spengono le luci e una piccola lampada inizia a dondolare.
E tu non potevi saperlo, ma dopo qualche giorno ti avrei regalato un orsetto viola. Chissà se lo tieni ancora con te. Chissà.