Il suo nome era…

Torno a casa e mi accorgo che la mappa del citofono è stata cambiata.
Qui siamo pochi, poco ci vediamo e poco ci conosciamo, ma almeno sappiamo i nostri nomi.
Così, giusto per non chiamarci usando appellativi strani, tipo “OH!”, oppure “Wè, bastardo!”, oppure ancora “Ciao, zoccola :)!” e cose così.

Torno a casa e mi accorgo che in questo condominio è arrivato un mio omonimo.
Molto strano, vi dirò, dato che l’omonimo in questione dovrebbe abitare nell’appartamento di fianco al mio.
Impossibile: lì c’è Ciro.
Ah, sì? Volete metterla così? Pensate che stia delirando, cari condomini?
Ho deciso, per tutti, che da stasera ci sarà un altro inquilino, in questo edificio.
(Ho finito or è poco di modificare la mappa del citofono).
Ho deciso, dicevo, che da oggi, in questo condominio, ci sarà anche un milanese.
Il suo nome è…

Cerutti Gino.

E se non ci credete, passate da qui, così vi mostro l’opera d’arte e vi offro un caffè.

Interlinea

Nessuno mi ha mai insegnato ad usare l’interlinea.

Forse il buon senso può dare alcuni suggerimenti, ma non so davvero.

Quando scrivo su questo coso, l’interlinea è bianca.

Pubblico, ed è sempre bianca.

Visualizzo e, come per magia, l’interlinea diventa nera.

È come se sparisse, a ben vedere.

Allora penso che l’interlinea sia un momento di opportuno silenzio.

L’interlinea è l’istante esatto durante il quale pensare.

È l’immagine della solitudine, dopo una moltitudine di lettere scritte da dita frenetiche.

È lo spazio che viene annullato dalla rivelazione.

È l’intimità, tra i pensieri trascritti.

Prima è bianca e poi diventa nera.

Un secondo prima di pubblicare esiste e mi racconta di me.

Alla fine scompare e dà solo fastidio.

Convenevoli e cose così

Passa il Presidente e formula la domanda più odiosa della storia:
“Come andiamo?”

Io, che non posso allontanarmi nemmeno per un secondo dal mio essere franco, rispondo:
“Hai una vaga idea di che cosa voglia dire l’espressione mi sono rotto il cazzo?”
Lui, un po’ interdetto, risponde: “No.”
Io, molto sfavato, controbatto: “Io, invece, sì.”

“Vabbè, buona serata”.
“Buona serata a te”.

A lavoro, ultimamente, gira in questo modo.
Oh belli: o così, o chiodi.

Convenevoli e cose così

Passa il Presidente e formula la domanda più odiosa della storia:
“Come andiamo?”

Io, che non posso allontanarmi nemmeno per un secondo dal mio essere franco, rispondo:
“Hai una vaga idea di che cosa voglia dire l’espressione mi sono rotto il cazzo?”
Lui, un po’ interdetto, risponde: “No.”
Io, molto sfavato, controbatto: “Io, invece, sì.”

“Vabbè, buona serata”.
“Buona serata a te”.

A lavoro, ultimamente, gira in questo modo.
Oh belli: o così, o chiodi.

Pentacoli, altroché.

Google Earth, checché se ne dica, è una strepitosa invenzione.
Sapete perché? Perché ci sono persone che, obiettivamente, non sono in grado di muoversi, di viaggiare e di scoprire posti più o meno ameni.
Milano è uno di quei posti, secondo me.
Ora: lanciate Google Earth e scegliete Milano.
Fatto?
Immaginate di atterrare a Milano ed immaginate, per un attimo, di trovarvi di fronte ad una milionata di milanesi (autoctoni e no).
Bene. Immaginate di dover pensare anche solo per un momento al traffico di Milano, al commercio di Milano, ai bar di Milano, alle aziende ospedaliere di Milano, agli impavidi ciclisti di Milano ed ai poveri cristi di Milano.
Fatto?
Bene. Immaginate, per un attimo, che se la mia nonna avesse avuto tre ruote, sarebbe stata un carretto.
Fatto?
Bene. Immaginate, infine, di avere 20 anni compiuti e di ritrovarvi ad essere Sindaco o consigliere comunale in Milano.
Fatto?
Che cazzo direste ai Milanesi?

A margine di questo pseudo-sfogo, vorrei chiedere a chi sa: quanto costano le elezioni ai cittadini?
Quanto costano i ballottaggi? Quanto costa vedere uno che urla e sbraita come una scimmia nelle piazze italiane?
Se il cambiamento e la protesta sono fatti di troppi “se”, forse, e dico forse, è il caso di tenere le balle ferme, i polsi sotto l’acqua fredda e meditare, prima di andare allo sbaraglio semplicemente per…
Per cosa? Io, stupido e gretto, non l’ho ancora capito.

(e lascio stare le reazioni degli altri, che è meglio)

Tra sogno e (dura) realtà

Nel frattempo?
Nel frattempo ero lì ad aspettare l’uscita, in arretrato, del secondo albo speciale di Demian.

Eccolo qui. Decido di ordinarlo.
Qualcosa, però, va storto ed il sito mi segnala l’impossibilità di completare la transazione.

Compongo il numero di telefono dell’ufficio arretrati e mi tuffo nella Bonelli, quasi senza chiedere permesso.

In quel preciso momento, mi rivedo bambino; mi rivedo sul balcone, a casa dei miei, a leggere le avventure di Tex, di Dylan Dog e di tutti gli altri amici che mi hanno accompagnato negli ultimi trent’anni (pochi meno, in realtà).

In quel preciso momento, mi sento in dovere di ringraziare l’uomo e la sua immaginazione.

… ma torniamo pure alla realtà e andiamo a spogliare le schede.
(Spero che il mio Sindaco vinca. E spero vinca alla grande.)

Tra sogno e (dura) realtà

Nel frattempo?
Nel frattempo ero lì ad aspettare l’uscita, in arretrato, del secondo albo speciale di Demian.

Eccolo qui. Decido di ordinarlo.
Qualcosa, però, va storto ed il sito mi segnala l’impossibilità di completare la transazione.

Compongo il numero di telefono dell’ufficio arretrati e mi tuffo nella Bonelli, quasi senza chiedere permesso.

In quel preciso momento, mi rivedo bambino; mi rivedo sul balcone, a casa dei miei, a leggere le avventure di Tex, di Dylan Dog e di tutti gli altri amici che mi hanno accompagnato negli ultimi trent’anni (pochi meno, in realtà).

In quel preciso momento, mi sento in dovere di ringraziare l’uomo e la sua immaginazione.

… ma torniamo pure alla realtà e andiamo a spogliare le schede.
(Spero che il mio Sindaco vinca. E spero vinca alla grande.)

Caro bambino di Gradara

Caro bambino di Gradara,

con la presente sono a lanciarti una miriade di maledizioni, poiché anche tu, come il caro concittadino aretino, non hai saputo guardare più in là della punta del tuo naso, e hai gettato la tua merdosa big babol a circa due metri dal cestino.

Questa volta, però, la cara big babol è finita sotto le mie scarpe nuove.

Caro bambino di Gradara,

puoi ben immaginare il copioso numero di bestemmie che ho lanciato. Ecco: sappi che sarai tu a doverti confessare al posto mio.

Caro bambino di Gradara,

torna a casa e getta la big babol sul tappeto che i tuoi hanno in camera da letto e poi rotolatici sopra e gioisci, perché a quel punto la tua pelle (così come la plastica delle mie scarpe nuove) denoterà sentori di big babol appena masticata, uniti a morbidi toni di saliva di bambino idiota.

Caro bambino di Gradara,

se pensi che l’atto del “lancio in cestino della gomma” possa recarti danni come l’ernia, bè, sappi che tali danni sono nulla in confronto all’effetto che le mie maledizioni riusciranno a sortire a partire dalla pubblicazione di questo post.

Caro bambino di Gradara,

spero che l’uomo nero ti rapisca.

A tutti voi, che avete il maledetto vizio di gettare le gomme per terra, elargisco un generoso vaffanculo.

Ad augusta per angusta. Seh.

Passo da qui, soprattutto quando ho nella testa migliaia di ricordi; e però non riesco a sgravarli, non è proprio il mio forte.

Passo, guardo la pagina -ch’è sempre la stessa- e abbandono qualsiasi tentativo.
Lascio tutto lì, insieme alla mia stanca voglia ed alla sgradevole sensazione di avere qualche conto in sospeso.

Poi, se ci penso bene, mi rendo conto che di conti in sospeso ce ne sono eccome e non si tratta solo di sensazioni.
Allora vorrei sparire e lasciare la mia stanca voglia, la pagina -ch’è sempre la stessa-, insieme ai tentativi e ai conti in sospeso.

Oggi, per esempio, mi sono accorto (troppo tardi, davvero troppo) di aver fatto una cazzata colossale.
D’accordo: chi non fa non sbaglia, ma io non posso e non devo sbagliare.
Il mio errore costerà fatica, denaro e qualche bestemmia.

Così, alle 18.55 circa, abbandono la mia stanca voglia, la pagina -ch’è sempre la stessa, i tentativi, i conti in sospeso ed i miei fallimenti.

Click.