Una chiamata persa

Una chiamata persa è in grado di allarmarmi in modo impressionante.
Sì, lo so, non dovrei allarmarmi così facilmente.
Sì, lo so, vent’anni fa non ci sarebbe stata alcuna chiamata persa.
Ma adesso ci sono, ed è cosa ineludibile.

Scrivo per chiedere che cosa sia successo (ben conoscendo la pessima situazione della ragazza).
Nessuna risposta.

Oggi il telefono squilla.
“Avrei voluto farti ascoltare una canzone dal vivo…”
“Cromatica?”
“No: una donna e la sua semplicità…”

Se avessi risposto, sarei scoppiato a piangere nel bel mezzo dell’esatto centro di Arezzo.

Che cosa mi insegna questa faccenda? Che è meglio perdere le chiamate. Senza dubbio. E che allarmarsi, in fin dei conti, non serve a niente.
E che hai avuto un pensiero carino, piccole’. Grazie.

Il primo bacio

Oggi… qualche anno fa.

Dicevo.
È sicuramente come scrive lui nel commento al mio post precedente, ma c’è dell’altro; un altro motivo, che mi porta a pensare che la musica non stia facendo il proprio dovere.

Mi chiedo perché le persone arrivino con brani, citazioni, note che, in questo momento, non vorrei ascoltare nemmeno a basso volume e nemmeno da un’altra stanza. O da un’altra città. O da un altro pianeta.

Ecco, non mi era mai capitato. Non mi era mai capitato di non avere il pieno controllo del pulsante “off” e, naturalmente, anche del pulsante “on”.

Basta, per favore. Lo dico per voi, mica per me.
Lo dico per voi, perché potrei incenerire i vostri ai-qualcosa e le vostre belle autoradio.