L’I.N.P.S. ed il codice PIN

Smarrito. Il codice pin, chiaramente.
Che cosa faccio, adesso? Facile! Vado sul sito dell’inps e lo richiedo!

AGGIORNAMENTO: ECCOVI LA SOLUZIONE

Ok. Calma.
1) Posso richiedere la prima parte via mail.
2) Posso richiedere la seconda parte via posta, ammesso che sia in possesso della prima parte.
3) Posso invalidare tutto e richiedere un codice nuovo. (è sufficiente possedere almeno una delle due parti)

Bene.

Tadà! La prima parte del codice posso farmela inviare al mio indirizzo email.
Già. Quale dei settecentomila?
Ok. Riattivo tutte le caselle email.

Apro settecentomila tab e aspetto…
Ce l’ho!
Torno sul sito dell’inps. Inserisco i primi otto caratteri.
Gentili! Mi invieranno la seconda parte a casa, tramite postel.

Domanda: ho attivato l’account circa dodici anni fa… DOVE CAZZO ABITAVO? E se avessi modificato le informazioni? Vuoto di memoria. Nulla.
Cerco la sezione per il cambio di residenza, ma… attenzione! Serve il codice pin.
Ruggè, don’t panic.

Mi dico: ma dai, vuoi che il comune e/o il mio datore di lavoro non abbiano comunicato il mio attuale indirizzo di residenza all’inps?
Penso.
Ok, chiamo il numero unico.
“Buonasera, ho un problema: ho smarrito il codice pin. Ho recuperato la prima parte, l’ho inserita sul portale e mi è stato notificato che la seconda parte verrà spedita al mio indirizzo di residenza.”
“Quindi?”
“Bene. Io ho cambiato residenza settemila volte. Mi può dire, gentilmente, DOVE ABITO SECONDO VOI?”
“Viale ecc…”
“Ah, ecco. No, guardi, non abito più lì da dieci anni.”
“Nessun problema”.
“Bè, ripensandoci, lì c’è qualcuno che conosco”.
“No, ho già cancellato tutto”.
“Ecco.”

Per farla breve: comunico il mio nuovo indirizzo di residenza e attendo fiducioso…………….

P.S.
Sono stato identificato solo ed esclusivamente ATTRAVERSO IL MIO CODICE FISCALE.
L’indirizzo di residenza mi è stato comunicato dall’operatore.
Mi è stato chiesto un indirizzo email, senza verificare quello precedente.
Fate voi

si fugge tuttavia

28 anni fumati bene. 15 settembre. Buon compleanno, Nomade
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Prete, prepara la chiesa per il funerale…

… ricordati, però, che l’assemblea non è costituita esclusivamente da bigotti bisognosi dell’aspersione; di quel goccio d’acqua santa che rende immacolate le coscienze.

Ma soprattutto: prova a dirlo vis-a-vis, che questo è un momento gioioso.
Prova a dirlo ad un figlio.
E’ facile parlare dal pulpito. Estremamente facile.

Ascoltaci, o Signore.

“Tu sei con me, Signore. Non temo alcun male”.

“Perché nessuno ci vuole bene quanto Dio, nemmeno la mamma e il papà”.

Ed è stato quello il momento preciso in cui ho sentito ardere qualcosa nel mio corpo. Credo fosse la bile.

“In fondo, tutto ciò che facciamo qui è precario. Ci prepariamo alla gioia. La vera gioia che c’è dopo la morte. Dobbiamo essere felici, invece, perché alla fine ci ritroveremo TUTTI nella casa del Padre”.

E ci staremo TUTTI, già. Perché a voi hanno condonato anche l’anima. E magari giocheremo a briscola chiamata.

Ti chiedo una cosa: quando un giorno non ci sarai più, chi mi straccerà schiacciando sul tavolo l’asso di spade?
Dimmelo, pa’, ti prego. Adesso posso ascoltarti. Dimmelo ora, perché quel giorno sarò troppo impegnato ad essere felice per la tua morte.

Rientro

… ed io che volevo fosse andante un poco adagio

Scale

Lei mi ha spiegato, con qualche difficoltà (mea culpa), che quelle maggiori son le più semplici.
tono-tono-semitono-tono-tono-tono-semitono.

E’ una faccenda rigorosa, voglio dire, non puoi sbagliare.
E vanno così. Da secoli. Non cambiano. Le scale son quelle. Le note? Pure.

Però puoi comporre quello che ti pare. Dove ti pare. Con chi ti pare.
E allora, oggi, penso che la musica sia una bella illusione. La più dolce. Come la vita, del resto.
Quella stessa fottuta vita che ti vortica intorno, che ti ronza nelle orecchie, che ti dà i pugni proprio lì, all’altezza dello sfintere pilorico.

Siamo sempre noi e saranno sempre loro. Mai nulla cambierà. Eppure avrai, a tratti, l’illusione di vivere qualcosa di diverso, tra una nota e l’altra, di trovare un respiro migliore, tra un tono ed un semitono. Fra una pausa e l’altra.

Però sai anche che, ad un certo punto, qualsiasi strumentista smette di suonare e le note tornano ad essere quelle.
E le scale? Le scale pure.
tono-tono-semitono-tono-tono-tono-semitono.

Difficoltà

Non sto tanto bene: piccole noie intaccano la mia salute.
Cercherò di mettermi a posto o di farmi mettere a posto.
Come dicevano gli antichi: “ad augusta per angusta”.
E’ che ‘ste cazzo di angusta iniziano a minare la mia verve…
Ci vuol pazienza, dicono.

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Nomadismo

Le definizioni fornite da garzantilinguistica son piuttosto interessanti.
Sicuramente non sono esaustive.

Definizione
s. m.
1 (antrop.) regime di vita proprio di popoli o tribù che non vivono in maniera stabile su un territorio, ma si spostano entro aree più o meno vaste a seconda degli andamenti stagionali e climatici: il nomadismo degli zingari
2 (estens.) tendenza a far vita da nomade, cambiando spesso residenza: il nomadismo degli scrittori romantici.

***

Ciò che mi spinge a cambiare area(o aria) è anche altro.
In primis si tratta di un bisogno fisiologico. In secondo luogo bisogna considerare una serie di fattori esterni che, indubbiamente, contribuiscono ad influenzare, più o meno positivamente, le mie scelte.
Non solo nella vita reale, ma anche in quella internautica.

E così sono qui. Con il primo post. E con la speranza che queste pagine mi facciano ricordare in giusto modo la mia prima casa e mi consentano di vivere, al meglio, la permanenza in questo mondo che ancora non conosco.

Dicono si chiami “wordpress”.

Ben tornato.